“La normativa comunitaria impone agli Stati membri di adottare le opportune misure, al fine di scongiurare il verificarsi di un degrado o di una perturbazione significativi, nonché di evitare qualsiasi peggioramento, causato dall’uomo o di origine naturale prevedibile, degli habitat naturali e degli habitat di specie. Un’attività è conforme all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, allorché siano vulnerati gli obiettivi di conservazione, a prescindere dalla tipologia di attività esercitata e dall’esistenza o meno di opere edilizie. (Il Collegio ritiene applicabile, nella fattispecie in esame, il concetto di perturbazione, quale presupposto ineludibile per l’applicabilità della normativa europea e nazionale in materia di valutazione d’incidenza. La vicenda afferisce all’installazione, nel piede dunale, di strutture precarie e amovibili nonché di arredi che, considerati unitariamente e complessivamente nella loro interezza, sono funzionali alla creazione ed allo svolgimento di vere e proprie attività turistico – ricreative all’aria aperta, capaci di fornire servizi ad una molteplicità di fruitori del mare. Da qui la necessità di sottoporre alla preventiva procedura di valutazione di incidenza tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma potenzialmente idonei ad avere incidenza significativa sullo stesso)”. Sentenza CdS 6943/2023.